art. 10 quater D. Lgs. 74/2000 e sulla scomposizione del debito
art. 10 quater D. Lgs. 74/2000 e sulla scomposizione del debito Sull’elemento oggettivo del reato Amministratore di fatto e di diritto nei reati tributari.
L’oggetto materiale del reato tributario di cui si discorre, ossia la condotta di omesso versamento del debito del contribuente nei confronti dell’Erario portando in compensazione crediti inesistenti, implica la necessità di operare una fondamentale distinzione tra le due voci portate formalmente in compensazione dal contribuente in sede di compilazione del Modello F24 con la conseguenza dell’omesso versamento (penalmente sanzionato solo se oltre la soglia di punibilità normativamente prevista):
– da una parte, il debito nei confronti dell’Erario, di cui viene omesso il versamento e rispetto al versamento del quale è tutelato, quindi, l’interesse del Fisco;
– dall’altra, il credito inesistente che, rispetto al debito, viene portato in compensazione in sede di compilazione e presentazione del Modello F24.
Per “somme dovute” ai sensi dell’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000 sono da intendersi, dunque, i debiti autoliquidati dal contribuente sia a titolo di acconto che di saldo nel Modello F24, utilizzato, giustappunto, per tale forma di versamenti unificati. D’altra parte, l’art. 17 D. Lgs. 241/97, richiamato dallo stesso art. 10 quater D. Lgs. 74/2000, prevede che i contribuenti abbiano la facoltà di eseguire i versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’Inps e delle altre somme a favore dello Stato, delle Regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate.
Non può tacersi come, a fronte del richiamo operato dall’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000 all’art. 17 D. Lgs. 241/97, l’interprete sia spesso indotto a “cadere in errore”. Infatti, se è vero che il versamento unitario e la compensazione hanno per oggetto debiti e crediti relativi alle imposte elencate al comma secondo dell’art. 17 suddetto (sommariamente: imposte dirette, imposta sul valore aggiunto, Irap, contributi previdenziali ed assicurativi), tuttavia – la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000, collocandosi chiaramente nell’ambito della disciplina di tutela penale in materia di imposte dirette sui redditi e Iva, cristallizza, nel fatto astrattamente descritto dal legislatore, la sola condotta di omesso versamento da parte del contribuente del solo debito riferito alle imposte dirette sui redditi e all’Iva.
Tale delimitazione della tipicità della condotta, d’altra parte, non soltanto è avallata dalla collocazione della suddetta fattispecie penale nella “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205”, ma trova conferma nella circostanza che, nella sua originaria formulazione, la norma rinviava espressamente all’art. 10 bis D. Lgs. 74/2000, riferendo all’elemento materiale del reato il concetto di “periodo d’imposta” cui parametrare temporalmente la valutazione del superamento della soglia di punibilità: trattasi, invero, di un riferimento temporale incompatibile con le imposte diverse dalle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Di questa importante operazione di delimitazione oggettiva della fattispecie nonché della rilevanza penale della condotta ivi descritta, si è fatta autorevolmente onere, di recente, Cass. pen. Sez. I, Sent. 13.09.2019 n. 38042.
In quella sede, la Suprema Corte, rigettando il ricorso del Pubblico Ministero che lamentava la decisione del Tribunale del riesame di annullamento di un sequestro preventivo in materia di reati fiscali, ha definitivamente preso coscienza, con lucida accortezza, della struttura asimmetrica del reato previsto dall’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000, distinguendone il lato passivo (il debito del contribuente verso l’Erario) dal lato attivo (il credito inesistente o non spettante portato indebitamente in compensazione).
In tale sede, la Corte ha, quindi, preso una posizione dichiaratamente contraria a quella giurisprudenza di legittimità che ha inteso, viceversa, accordare, al richiamo operato all’art. 17 D. Lgs. 241/97, l’effetto di avere esteso a tutte le voci elencate al predetto art. 17 l’ambito del penalmente rilevante di cui all’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000: invero, tale giurisprudenza di segno contrario, appena citata, ha inteso ricondurre al penalmente rilevante, in base ad argomentazioni che questa difesa intende confutare, tutte le ipotesi di compensazione del debito e del credito
inesistente indipendentemente dalla natura dell’imposta cui afferiscono tanto il debito quanto il credito, potendo sia l’uno che l’altro appartenere, affinché si configuri il reato, ad una qualunque delle voci elencate al predetto art. 17.
In particolare, Cass. 38042/2019, dando espressamente conto di quanto già aveva preso atto un precedente – che pure apparentemente viene annoverato tra la giurisprudenza di segno contrario – rappresentato da Cass. 8689/2019, sul punto afferma: “ … viene delineata una struttura asimmetrica dell’art. 10-quater e la si qualifica come compatibile con la ratio complessiva del citato decreto, in quanto esso è diretto a sanzionare le violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e, dunque, prende in considerazione soltanto tali tipologie di tributi sul lato passivo, ma non anche su quello attivo, potendo così venire in rilievo, quale strumento per diminuire artificiosamente l’entità dell’imposta da versare, qualunque tributo o contributo che possa opporsi in compensazione secondo le disposizione dettate in materia.” Opportunamente, nel corpo della stessa Cass. 38042/2019, viene fatto notare, per altro, che: “Non può, tuttavia, affermarsi che la sentenza Corte Cost. n. 35 del 2018, nel richiamare il suddetto orientamento di legittimità (ndr quello contrario), si sia spinta oltre la sua mera descrizione (con i conseguenti effetti), allorquando ha rappresentato << … la giurisprudenza prevalente è, peraltro, dell’avviso che il censurato D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-quater, in ragione del suo tenore letterale, si presti a reprimere l’omesso versamento di somme attinenti a tutti i debiti – sia tributari, sia di altra natura -per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario … >> … la stessa sentenza, in ultimo … ha affermato << anche qualora si ritenga che il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater tuteli unicamente l’impostazione diretta e sul valore aggiunto ….>> …”. In tal modo, Cass. 38042/2019 ha compiutamente arginato l’eccesso ermeneutico di quella parte della giurisprudenza che ha erroneamente ritenuto che l’intervento della Corte costituzionale si fosse spinto ad un’interpretazione autentica della norma.
Nelle motivazioni della sentenza, anzi, la Corte ha, con fermezza, circoscritto l’ambito della condotta punita dall’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000 nel seguente modo: “ … proprio tale struttura asimmetrica, a parere di questo Collegio, assevera l’impostazione alla base della tesi recepita dalla decisione qui impugnata: si ha un indistinto riferimento al D. Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 in virtù della considerazione di tutti i crediti ivi contemplati in quanto idonei alla compensazione, mentre l’indebito risultato della condotta fraudolenta, ossia l’omesso versamento delle somme dovute, riguarda solamente le imposte sui redditi e sul valore aggiunto e non già, in assenza di pertinenti specificazioni, inadempimenti di altro genere dei quali l’intero testo normativo non si occupa.”
E, circa il metodo operativo tale da rendere concretamente realizzabile il precetto penalistico, nella sua portata tassativamente prevista, nonché processualmente verificabile l’elemento materiale del reato, specifica: “Né appaiono concretamente ravvisabili gli ostacoli applicativi che, secondo il predetto indirizzo, si avrebbero nel caso di un credito fittizio incidente su partite debitorie sia fiscali che non fiscali, dal momento che, proprio le operazioni di riduzione degli importi che vengono descritte nella decisione qui contestata dall’accusa, dimostrano come la scomposizione, al fine di individuare le sole somme da considerare dovute a titolo di imposte, sia agevolmente praticabile.”
È vero che, successivamente alla sentenza su citata, si è espressa, in senso opposto, Cass. pen. Sez. III, Sent. 28.04.2020 n. 13149. Tuttavia, pare che, in tale sede, i Giudici di legittimità, nell’affermare che la compensazione, di cui al reato ex art. 10 quater D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ricomprende sia quella c.d. “verticale”, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, sia quella c.d. “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, anche non afferenti alle imposte dirette od all’Iva, solo apparentemente si interfaccino col principio di diritto affermato dalla precedente Cass. pen. Sez. I, Sent. 13.09.2019 n. 38042. Anzi, a parere di chi scrive pare che la sentenza del 2020 non intacchi affatto il principio di diritto affermato dalla sentenza del 2019, benché si proponga di farlo: invero, la prima ritiene di confutare la fondatezza del principio affermato dalla seconda argomentando sull’indiscriminata applicabilità della fattispecie di cui all’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000 tanto alla “compensazione verticale” (tra debiti e crediti di natura omogenea) quanto alla “compensazione orizzontale” (tra debiti e crediti di natura diversa). Sennonché, un tale argomento, non solo non appare essere risolutivo del contrasto sorto in giurisprudenza circa l’oggetto del mancato versamento rispetto al quale il decreto legislativo in parola tutela l’interesse del Fisco, ma, financo, non inerente. Basti considerare che il richiamo
operato nell’art. 10 quater all’art. 17 del D. Lgs. n. 241/97 determina già di per sé l’applicabilità della sanzione penale ivi prevista, ancor prima che per le compensazioni verticali (tra debiti e crediti afferenti alla stessa imposta) la quale non obbliga il contribuente alla presentazione del Modello F24, alle indebite compensazioni obbligatoriamente effettuate in sede di versamento unificato mediante Modello F24 (compensazione orizzontale tra debiti e crediti afferenti a diverse imposte), non essendo la norma, di contro, applicabile alle compensazioni operate in sede dichiarativa (che sono necessariamente compensazioni di tipo verticale).
Non si comprende, quindi, come la questione sulla natura del debito, il cui omesso versamento costituisce l’oggetto del precetto penalistico e rispetto al cui versamento il decreto legislativo “… in materia di imposte dirette e sul valore aggiunto …” tutela l’interesse del Fisco, possa essere risolta affermando che l’art. 10 quater si applica anche alle ipotesi di compensazione orizzontale: visto e considerato che la compensazione orizzontale trova la sua ragione d’essere “orizzontale” proprio in sede di presentazione del Modello F24 (e non in sede dichiarativa). D’altra parte, la contrapposizione tra compensazione “orizzontale” e “verticale”, così come il considerarle entrambe rilevanti rispetto alla condotta descritta dall’art. 10 quater, non sposta minimamente la questione: che il debito afferente alle imposte dirette o sul valore aggiunto possa essere compensato tanto in “verticale” (con crediti afferenti alla stessa imposta) quanto in “orizzontale” (con crediti afferenti ad imposta diversa) non è circostanza messa in dubbio da alcuno e affermare che la condotta di cui all’art. 10 quater riguarda sia la compensazione “verticale” che quella “orizzontale” non postula affatto la conclusione per cui il reato in parola vada a punire anche l’omesso versamento di debiti diversi da quelli afferenti le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Quanto affermato dalla sentenza 2020 non dirime, quindi, a parere dello scrivente, alcun contrasto giurisprudenziale sullo specifico punto di diritto riguardante la natura del debito di cui è omesso il versamento e la sua rilevanza penale ai sensi dell’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000.
Di questo avviso, d’altra parte, è uno dei pochi giudici del merito che, fino ad ora, ha avuto l’occasione di pronunciarsi in materia. Trattasi, in particolare, della sentenza n. 342/2020 emessa dal Tribunale di Pavia il 24.06.2020. In questa sede, il Tribunale, in composizione collegiale, dando atto di entrambi gli orientamenti, compie un precipuo raffronto tra quanto affermato da Cass. n. 3804/2019 e da Cass. n. 13149/2020. Nello specifico, la sentenza in parola si è occupata della rilevanza del mancato versamento, mediante compensazione di crediti inesistenti, di contributi previdenziali e assistenziali, ribadendo, in ogni caso, come presupposto della propria impostazione (ossia la non rilevanza penale dell’omesso versamento dei contributi previdenziali e assistenziali) il principio su dedotto da questa difesa, ossia che l’art. 10 quater D. Lgs. 74/2000 prevede e punisce il reato di omesso versamento, mediante indebita compensazione, delle somme dovute a titolo di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
In particolare, nel corpo motivazionale della sentenza in commento si legge (pag. 489): “ … bisogna distinguere tra natura dei debiti e natura dei crediti portati in compensazione ex art. 17 D. Lgs 241/97, così come richiamato dall’art. 10 quater D. Lgs 74/00, e natura delle imposte, poi, effettivamente, evase, a seguito dell’indebita compensazione.
Bisogna, quindi, verificare quale sia il tributo effettivamente non versato e indebitamente compensato, mediante l’utilizzo di crediti inesistenti.
In sostanza il punto è se sussista il reato di cui al l’ art. 10 quater D. Lgs 74/00 laddove, dopo l’ indebita compensazione con i debiti di cui all’ art. 17 D.Lgs 241/97, l’ imposta evasa sia, non già, un’imposta sui redditi o sul valore aggiunto, bensì, un mancato pagamento di contributi previdenziali e assistenziali INPS: il reato di cui all’art. 10 quater D. Lgs 74/00 sanziona solo l’omesso versamento di imposte dirette o dell’IVA o, anche, l’ omesso versamento di contributi dovuti agli Enti di previdenza?”.
Posta, in tal senso, la questione, la sentenza in commento passa in rassegna le diverse argomentazioni svolte dalle Cassazioni citate da questa difesa (Cass. n. 3804/2019 e Cass. n. 13149/2020). Riguardo la prima afferma (pag. 492): “… con la citata sentenza 38042/2019, vista la collocazione della fattispecie all’interno del Decreto legislativo che disciplina i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, nonché le <> contenute nel Titolo III che, quando specificano gli importi dovuti così come presi in considerazione dalle previsioni incriminatrici, si confrontano unicamente con debiti tributari e imposte evase, giunge alla
conclusione che tutti i titoli ivi contemplati siano idonei alla compensazione, mentre l’indebito risultato della condotta fraudolenta, ossia l’omesso versamento delle somme dovute, deve riguardare solamente le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, e non già, in assenza di pertinenti specificazioni, inadempimenti di altro genere dei quali l’intero testo normativo non si occupa.
Quindi tutti i titoli di cui all’art. 17 D. Lgs. 241 del 1997 sono idonei alla compensazione, ma il reato di cui all’art. 10 quater D. Lgs. 74/00, di indebita compensazione di imposta, si configura solo allorché l’omesso versamento, poi successivo alla fraudolenta compensazione, si riferisca alle imposte su redditi e sul valore aggiunto.
Non si configura tale reato laddove l’omesso versamento, poi successivo alla fraudolenta compensazione, determini il mancato versamento di somme dovute per obblighi di pagamento di contributi previdenziali e assistenziali”.
Il Tribunale da, poi, atto della successiva Cassazione 2020 di segno opposto, citandone le motivazioni, convogliate, in particolare nella conclusione, già confutata da questa difesa, per cui “… è indubbio che il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10 quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in combinato disposto con l’art. 17 del d.lgs. 241 del 1997, si configura sia in caso di c.d. compensazione orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, sia in caso di c.d. compensazione verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, in quanto si concretizza in una condotta omissiva supportata dalla redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione fondata su un credito inesistente o non spettante”.
E d’altra parte, all’esito della suddetta rassegna, il Tribunale, preso atto che la differenza tra le due impostazioni sta nel ritenere rilevante o meno dal punto di vista penale l’omesso versamento delle somme dovute a titoli diversi dalle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avalla l’impostazione, da questa stessa difesa sostenuta, di cui alla Cassazione del 2019, tale per cui la condotta criminosa di cui all’art. 10 quater si realizza “solo laddove dopo tale artificiosa compensazione con crediti inesistenti, si ometta il versamento di imposte dirette o Iva, e, in tal caso, devono essere scomposte le somme dovute a titolo di tali imposte, così non versate” (pag. 497).
Alla luce di ciò, il Tribunale procede alla scomposizione del debito proprio al fine di individuare le somme non versate dovute a titolo di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
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